Metodica di lavoro.

Molte persone non hanno mai sentito parlare di Omeopatia, altre ne hanno sentito parlare e hanno in merito le più svariate opinioni, in genere eccessivamente negative o entusiaste. Quello che mi interessa spiegare ora non è il profondo significato dell’Omeopatia e delle altre medicine “non convenzionali”, ma chiarire un semplice concetto relativo all'attività di un Omeopata veterinario. Il professionista che opera in questo campo si comporta esattamente come ogni altro Veterinario per quanto riguarda la visita clinica, l’esecuzione di esami e indagini strumentali e l’emissione di una diagnosi. Quello che questo medico vuole offrire è qualcosa di diverso sotto l’aspetto terapeutico e qualcosa di “alternativo” sotto l’aspetto diagnostico e della valutazione globale del paziente in esame.

Il percorso omeopatico

Intendo dire che il percorso classico intende dare un “nome” alla malattia attraverso il percorso diagnostico, mentre quello omeopatico accantona per un momento la malattia per dedicarsi al malato, all'espressione dei suoi sintomi mentali e fisici e alle loro espressioni nello spazio, nel tempo e nelle espressioni qualitative (modalità). Attraverso la selezione dei sintomi significativi e la loro valutazione non solo statistica l’omeopata esprimerà a sua volta un “nome”, riferito però alla sostanza che sarà prescritta (rimedio). I due percorsi, apparentemente lontani e opposti, dovranno trovare una sintesi: un paziente affetto da polmonite riceverà un rimedio attivo sulle forme infiammatorie delle vie respiratorie profonde. Per l’Omeopata la visione del malato non sarà mai limitata al solo organo interessato al momento da una patologia, ma dovrà spingersi a una visione completa dell’organismo considerando sintomi passati e presenti e gettando un occhio sul futuro, intravedendo le possibili evoluzioni morbose del soggetto sulla base delle caratteristiche del rimedio esaminato.

Il colloquio con il proprietario

Nel campo veterinario, vista l’incapacità di espressione verbale dei nostri animali, un parte importante della visita sarà costituita dal colloquio con il proprietario, vero e proprio testimone della vita quotidiana del compagno di vita o delle attività produttive e funzionali di un animale da reddito che vive in stalla. Molte cose che possono apparire singolari, assurde o non riferibili per paura di un giudizio da parte di chi ascolta sono spesso utilissime per l’omeopata, perché ogni sintomo dovrebbe essere peculiare e indicativo della singolare unicità di ogni paziente. Pertanto il colloquio dovrà essere il più possibile libero e sincero, perché la visita omeopatica è un approfondito interrogatorio, ma non comporta giudizi, moralismi o derisioni da parte del medico.

Il confronto e la comunicazione

Una volta conclusa la visita, la scelta del rimedio e la prescrizione, il proprietario dell’animale sarà invitato a confermare di aver capito chiaramente quanto indicato nella prescrizione stessa. Gli saranno ripetuti in modo talora assai noioso i concetti e le istruzioni appena impartite. Questo dovrà essere interpretato non come momento di sfiducia da parte di chi esibisce una cultura di alto livello di fronte a un pubblico ignorante, ma esattamente all'opposto. Il medico prudente teme che ciò che è chiarissimo per lui non lo sia veramente per chi lo ascolta. È veramente fastidioso scoprire di avere prescritto un rimedio in dose unica (ovvero una volta sola) mentre il proprietario dichiara di aver dato il medicamento 3 volte al dì per 5 giorni: di chi è la colpa? Forse potevamo spiegarci meglio. Inoltre, le modalità di comunicazione più moderne non sono infallibili: SMS ed e-mail inviate possono andare smarrite con varie modalità, talvolta senza che il medico se ne accorga. A questo punto non conviene aspettare due settimane per chiedere conto di qualcosa che il medico è perfettamente convinto di avervi detto (oltretutto per iscritto). Chiedere, richiamare ed eventualmente protestare è un dovere, ma soprattutto un diritto. Le terapie omeopatiche richiedono un cammino comune di confronto e comunicazione.

Perchè "unicista"

La mia attività di Medico Veterinario omeopata ha un aggettivo: “unicista”. Questo significa che i miei pazienti ricevono alla fine del mio lavoro diagnostico una e una sola sostanza per la terapia. Questo tipo di scelta è dovuto ai miei studi, a convinzioni scientifiche, filosofiche e al riscontro dell’efficacia nella pratica quotidiana. La somministrazione del rimedio unico è la strada maestra dell’Omeopatia classica ideata e sviluppata dal fondatore Samuel Hahnemann, e consente di valutare coscientemente gli effetti, i risultati e, perché no, anche i fallimenti di una prescrizione. L’omeopatia è caratterizzata da diverse scuole di pensiero e pertanto vengono utilizzate le tecniche del “pluralismo” (somministrazione quotidiana di più rimedi, in genere uno per ogni sintomo principale del paziente) o del “complessismo” (utilizzo di preparati contenenti molti rimedi, tutti attivi su di una patologia, mescolati in una soluzione secondo ricette elaborate dalle ditte produttrici). Come ho già detto in precedenza, la tecnica unicista rimane il faro che mi indica la strada nel lavoro quotidiano. Come un cacciatore decido di affrontare la bestia (la malattia) armato di un fucile a colpo singolo: il risultato dipende dalla mia precisione, e dovrò accettare le conseguenze.. di una mira sbagliata.

Questo non significa che una tecnica o una scuola di pensiero debba diventare una gabbia senza uscita. Intendo dire che in alcuni casi difficili, e in particolare malati oncologici terminali o soggetti colpiti da malattie metaboliche croniche inguaribili, sono disposto a fare dei compromessi con i miei ideali. Prima di tutto devo considerare gli interessi del paziente, alleviare le sue sofferenze, non nuocere ulteriormente. E se questo deve passare attraverso l’utilizzo delle altre due tecniche omeopatiche (benché vi abbia fatto ricorso molto raramente) o attraverso l’utilizzo di farmaci chimici tradizionali, da soli o combinati con rimedi omeopatici, ben venga. Niente impedisce, qualora sia possibile, di tornare a considerare il caso per una prescrizione classica. Nella buona e nella cattiva sorte, il medico deve affrontare la quotidianità del suo lavoro in scienza e coscienza, mantenendo un corretto rapporto con pazienti e clientela.

La visita a domicilio

Il tipo di intervento da me selezionato è la visita a domicilio. Sono convinto che questa scelta si adatti molto bene a una visione globale dell’ambiente in cui si trova immerso quotidianamente il mio paziente e che mi garantisca una maggior precisione prescrittiva. Gli apparenti limiti tecnici sono superati dal fatto che i miei casi sono per la maggior parte cronici (e quindi seguiti per lungo tempo con terapie tradizionali e lunghe sequele di esami e indagini diagnostiche) e dal fatto che eventuali esami suppletivi possono essere svolti presso strutture di colleghi con cui collaboro abitualmente. Nulla vieta che le visite possano essere svolte anche presso l’ambulatorio dei colleghi a cui accennavo prima o presso la struttura del veterinario curante. Le visite possono essere svolte sul territorio regionale e, a seguito di accordi con il cliente, anche fuori regione.