Omeopatia Veterinaria: pensieri e prospettive.

L’Omeopatia mondiale si è evoluta moltissimo negli ultimi anni, con la creazione di sistemi didattici, di classificazione dei rimedi e di raggruppamento in famiglie dei rimedi stessi. E’ evidente che risulta impossibile memorizzare i tratti principali di ciascuno dei circa 3500 rimedi attualmente disponibili studiandoli uno per uno. Pertanto, lo studio combinato dei rimedi secondo linee guida fornisce la possibilità di fissare nella mente i tratti comuni e le tematiche psichiche e somatiche di molti rimedi tra loro simili, per poi dare spazio alle sottili differenze tra i singoli elementi del gruppo (diagnosi differenziale). Di fronte a una materia sempre più complessa tutti i sistemi classificativi, usati contemporaneamente, forniscono spesso la chiave migliore di lettura dei sintomi e del caso clinico.
Risultano meravigliosi e affascinanti i risultati ottenuti nel settore umano dai migliori omeopati nazionali e mondiali, quindi è normale che anche per noi Veterinari cresca l’ambizione di ottenere successi paragonabili nel nostro settore.

Quali sono i limiti nel nostro operare quotidiano?

Prima di tutto, la mancanza della comunicazione verbale da parte dei nostri pazienti impedisce la visione diretta di grandi campi della diagnostica propri del settore umano (sogni, sensazioni soggettive e false percezioni del sé, temi affettivi e loro distorsioni, descrizioni particolareggiate del dolore e delle sue localizzazioni). Molti nuovi rimedi sono riconoscibili e differenziabili tra loro grazie alle tematiche psicologiche profonde introdotte dai grandi autori sudamericani e successivamente sviluppate a livello internazionale: come sarà possibile applicare tutto questo ai nostri animali da compagnia o ai nostri animali da reddito?
In secondo luogo, un altro ostacolo può essere rappresentato dalla mediazione comunicativa da parte del proprietario (o dei proprietari) che ci è indispensabile per la comprensione del caso esaminato, ma può essere fonte di gravi distorsioni quando le versioni di più persone divergono enormemente in merito a una identica questione.
Non possiamo appellarci alle difficoltà di relazione e comunicazione tipiche del mondo moderno: già i nostri nonni erano generosi nell’elencare proverbi antichi sulla nostra incapacità di trovare un accordo.

Che fare allora?

Non ci sono normalmente problemi per le prescrizioni di più basso livello: grazie all'analisi di pochi e buoni sintomi si possono trattare episodi acuti in modo sintomatico, utilizzando le basse potenze.
Con uno sforzo maggiore si possono effettuare prescrizioni di livello intermedio, utilizzando a dovere repertorio e Materie mediche, senza riuscire spesso a entrare in sintonia con i temi profondi del caso clinico in esame. Si ottengono risultati a termine, dovuti alla prescrizione di rimedi simili al rimedio del paziente, ma non assoluti e duraturi.
Talora gli effetti immediati di un rimedio così scelto sono spettacolari (ma limitati nello spazio e nel tempo, spesso senza positivi effetti sulla psiche), altre volte consentono uno stato di miglioramento anche duraturo ma a prezzo di aggravamenti piuttosto pesanti.
Penso che questo tipo di risultati sia più che sufficiente per animali da reddito a limitato ciclo di vita produttiva, mentre è meno gratificante per gli animali da compagnia che vivono a lungo e sono trattati come componenti del nucleo familiare.

Dobbiamo arrenderci?

Penso proprio di no. Queste difficoltà non devono diventare alibi per giustificare l’ignoranza. Dobbiamo aggiornarci e studiare continuamente, perché spesso si prescrive ciò che si conosce! In alcuni casi le grandi tematiche che ci sembrano inapplicabili al settore veterinario risultano così evidenti da suggerirci davvero che riconosciamo solo ciò che abbiamo studiato meglio. Le difficoltà sono quotidiane e non scompaiono, ma possono essere limitate dal lavoro “in scienza e coscienza”.

Spazio a una considerazione del tutto personale.

Nel campo veterinario la scelta dei sintomi che realmente fanno parte del quadro del paziente deve essere filtrata attraverso la corretta lettura del comportamento delle specie animali (etologia). Pertanto, la descrizione da parte di un proprietario del proprio “animale maligno e dispettoso” dovrebbe essere valutata con un benevolo sorriso e scartata. Non risulta dagli studi attuali che la struttura mentale di un animale gli consenta di elaborare il concetto di dispetto (faccio una cosa in modo che tu comprenda che ne sottintendo un’altra). Nonostante questo, i nostri animali da compagnia vivono a pieno titolo immersi nel caos di problemi, nevrosi e difficoltà delle nostre famiglie, assorbendo come spugne i miasmi prevalenti dell’ambiente in cui vivono. Mi riferisco non certo a entità microbiologiche o infettive, ma alle atmosfere più o meno opprimenti dovute a rancori, rabbie represse, egoismi e prevaricazioni che possono essere presenti nell'ambiente come i vapori di una palude (i miasmi usati come esempio da Hahnemann, fondatore dell’Omeopatia). Quante volte, parlando in privato con omeopati umani di una famiglia conosciuta confermiamo il fatto che gatti o cani condividono il loro rimedio con quello di uno dei proprietari! Recentemente mi sono lamentato con un ottimo omeopata umano di non poter avere accesso ai sogni di una cane (se mai esistono, ma pare di sì) e lui mi ha risposto, tra il serio e il faceto, di considerare quelli del proprietario.

Per concludere, non si tratta di umanizzare gli animali, ma di interpretare con cura le dinamiche intercorrenti tra pet e proprietari che, a detta degli psicologi, sono di valenza appena secondaria al rapporto madre-figlio.